In memoria di Muriel Drazien
Ricordo di Muriel Drazien
Sabato 14 Aprile avevo appena fatto il nome di Muriel Drazien, in occasione di un convegno a Milano sulla formazione degli analisti, quando ho avuto la notizia che era spirata. L’abbiamo annunciato e molti, sebbene fossero giovani, hanno applaudito. Ne conoscevano il nome che, infatti, fa ormai parte della storia della psicoanalisi lacaniana in Italia.
La vicenda di Muriel in Italia, a Roma, è cominciata nel 1974, con la famosa « Lettera agli italiani » inviata da Lacan a tre suoi allievi, Contri, Drazien e Verdiglione. Lacan aveva chiamato quel terzetto eterogeneo il suo « tripode » e intorno a questo tripode sperava si mettesse in funzione la « sua » psicoanalisi.
Quel progetto è fallito, i tre non hanno mai lavorato insieme, ma Muriel gli è rimasta fedele. Fedele a Lacan e alla proposta che quella lettera conteneva. Questo è stato il suo merito, ciò che ha dettato la sua coerenza ma, forse, anche il suo tormento.
Quando l’ho conosciuta Muriel era arrivata da poco in Italia. Aveva già organizzato il primo, ed unico, convegno dell’Ecole Freudienne, l’allora scuola di Lacan, a Roma. Era molto bella, elegante, straniera. Le ho chiesto un’analisi. Per nove anni ci siamo viste davvero spesso e non solo nel suo studio ma per mille iniziative che promuovevamo insieme: seminari, gruppi di studio, convegni, conferenze, imprese associative. L’ho vista innamorata, incinta, poi con la sua bambina, una brunetta con le trecce e una grande bocca rossa di cui era fiera, di cui è sempre stata molto fiera.
Muriel ha lavorato a Roma per circa 43 anni. Ha conosciuto difficoltà e ostacoli, come sempre quando si è psicoanalisti-fondatori, dunque al centro di molti transfert : amore e odio si rovesciano facilmente, spesso inevitabilmente, l’uno nell’altro. Lei li ha conosciuti entrambi, in maniera particolarmente intensa.
La psicoanalisi di Lacan, la clinica, la formazione degli analisti, la ricerca sulle psicosi, sono sempre state al centro della sua vita, dei suoi progetti di lavoro. Costituivano un impegno e una passione di cui ha sempre testimoniato, che l’hanno occupata a tempo pieno. Questa è l’eredità che ci ha lasciato e che ha sempre sostenuto il desiderio di diventare analista delle persone che ha formato.
A lei dobbiamo il grande privilegio di fare un lavoro che amiamo, che è l’essenza della nostra vita. Per questo la ringrazio, la ringraziamo, con affetto profondo, calore e gratitudine.
Adesso tocca a noi dimostrare di essere all’altezza del suo dono, ricambiandolo.
Marisa Fiumanò