Silvia Biancardi – Il nodo borromeo e la geometria di Lacan
Comunicazione fatta al I seminario residenziale dell’ALI-in-Italia
Associazione Lacaniana in Italia
I Seminario residenziale
Les non-dupes errent
Milano, 3-4 giugno 2011
Il nodo borromeo e la geometria di Lacan
Les non – dupes errent* (un commento alle prime cinque lezioni)
Di Silvia Biancardi
UNA PRIMA COSTRUZIONE DEL NODO BORROMEO
Alla fine del Seminario Encore, dell’anno precedente rispetto a Les non-dupes errent, Lacan introduce il nodo borromeo nella Lezione X il cui titolo, nella traduzione italiana, è Anelli di corda.
In questa lezione presenta il nodo borromeo con la costruzione che potremmo definire “ad orecchio”:
Fa subito osservare che la particolarità di questo nodo è quella di essere formato da tre anelli, a due a due scollegati, che stanno insieme solo perché sono legati a tre. Infatti è sufficiente tagliarne uno che anche gli altri due si liberano.
Questa proprietà non vale ad esempio quando prendiamo tre anelli, ma legati questa volta come se fossero anelli olimpici: in questo caso i tre anelli sono sì tra loro collegati, ma è solo l’anello centrale che collega il primo con il terzo anello (Lezione IV). In questo tipo di nodo quindi se taglio l’anello centrale, anche gli altri si liberano. Invece se taglio uno degli estremi, gli altri due rimangono allacciati.
Tutto questo non succede in un nodo borromeo, è la sua particolarità: se taglio uno qualunque dei suoi anelli, anche gli altri si liberano. Infatti gli anelli all’interno del nodo sono liberi a due a due.
LE TRE DIMENSIONI DELLA GEOMETRIA EUCLIDEA E LO SPAZIO DI LACAN
È da osservare che nel Seminario Encore – così come vedremo nel Seminario Les non–dupes errant – prima di introdurre il nodo, Lacan fa riferimento alle tre dimensioni della geometria euclidea che definisce proprio a partire dai suoi tre enti fondamentali (cioè il punto, la linea e il piano). Egli dice:
Ciò che interseca una linea è un punto. Poiché il punto ha zero dimensioni, la linea sarà definita dall’averne una. Poiché ciò che la linea interseca è una superficie, la superficie sarà definita dall’averne due. Poiché ciò che la superficie interseca è lo spazio, lo spazio ne avrà tre. – E aggiunge: È qui che assume valore il piccolo segno che ho fatto alla lavagna. E fa il disegno di un nodo di corda. Lo stesso che troveremo nella Lezione III di Les non – dupes errent.
Anche in questo Seminario (Les non- dupes errent) Lacan parla della geometria euclidea, la introduce questa volta come una geometria della suddivisione dello spazio.
Questo tipo di geometria è intuitiva ed è una costruzione – perché la geometria non è altro che una grande costruzione cha parte da alcuni enti fondamentali (per Euclide proprio il punto, la retta e il piano, che sono enti intuitivi) con i quali definire assiomi e postulati, che permetteranno di dimostrare teoremi e quindi nuove proprietà.
Qui Lacan sembra, almeno questa è la mia impressione, voler fondare quasi una nuova geometria, la sua. Voler considerare un nuovo tipo di spazio, il suo. Un po’ come hanno fatto alcuni matematici nel 1800 quando hanno inventato le geometrie non euclidee.
Quali sono allora gli elementi che caratterizzerebbero questo nuovo spazio di Lacan? Da dove egli parte?
Lacan afferma di voler parlare di un altro tipo di spazio: cioè dello spazio abitato dal parlante. E’ questo secondo Lacan lo spazio che realmente abitiamo. In esso ci sono tre dimensioni (che Lacan chiama dit – mansion), che sono il Reale, il Simbolico e l’Immaginario, che sono altra cosa dalle coordinate cartesiane.
Il suo spazio infatti è uno spazio nel quale i punti sono determinati in un modo diverso rispetto alla geometria classica. I “nuovi punti di Lacan” si ottengono dall’incastro dei suoi anelli di spago. Lacan dice: il mio spazio, i miei anelli di spago, proprio perché – come spiegherà nella Lezione IV – sono legati al suo dire. Ed è questo ciò che fa evento.
Il punto dello spazio di Lacan è quindi diverso da quello della geometria euclidea, che egli definisce come nulla, vuoto. Il punto in essa infatti è ciò che non ha dimensione. Nel suo spazio invece è l’incastro tra i tre anelli e questa nuova concezione di punto deriva, ci ripete, da un nuovo modo di operare con lo spazio. E aggiunge: Se l’inconscio esiste.
Perché questo punto possa esserci, è però necessario che le dimensioni siano tre: non solo l’Immaginario e il Simbolico, serve anche il Reale. Serve quindi questo terzo elemento, e Lacan dice: Io lo designo Reale.E’ solo se ci sono tutte e tre le dimensioni che il suo punto si può fare, ha consistenza.
L’EQUIVALENZA DI R S I e L’IMPORTANZA DELL’ALGEBRA
Le tre dimensioni di questo nuovo spazio vengono così legate a quegli stessi tre termini che precedentemente sembrava voler differenziare: cioè quelli di Simbolico, di Immaginario e di Reale. In questo Seminario, ci dice, ciò che cerca di proporre, è proprio di rendere questi tre termini (dimensioni, dit – mansion) equivalenti.
È il problema che si era posto anche Freud alla fine dell’Interpretazione dei sogni, quando si era chiesto come ciò che egli chiamava realtà psichica potesse avere a che fare con il reale.
Dove sta il trucco, si chiede Lacan?
È che, grazie all’algebra, queste tre categorie possono venir indicate con delle lettere: non le lettere R S e I, ma delle lettere qualunque, come ad esempio a, b e c. Queste lettere rendono quindi R, S e I assolutamente equivalenti: in un certo modo le svuotano delle loro differenze.
Lacan osserva che il progresso del suo discorso non sta nell’aver sottolineato l’importanza del Simbolico sull’Immaginario: questo ci riporterebbe a una visione dello spazio orientabile, che ha un prima e un dopo, un dentro e un fuori, un migliore e un peggiore, …. Ci porterebbe a una visione cartesiana della geometria, a una visione ordinale dei numeri. Se R S e I vengono indicate con tre lettere qualunque, ad esempio a, b e c (cioè svuotate della loro specificità) ci si accorge che esse sono interscambiabili.
COMBINATORIA – ORDINALE E CARDINALE
È proprio su questo che si fonda la combinatoria. A partire da tre oggetti, in questo caso tre lettere, è possibile ottenere sei combinazioni diverse (non è altro che la legge del fattoriale). Queste combinazioni sono ottenute scambiando tra loro in tutti i modi possibili le tre lettere considerate. È solo se accettiamo di metterci nello spazio in cui il punto è dato dall’incastro dei tre anelli che si può fare questo gioco: non si tratta più di considerare un ordine, di andare dal migliore al peggiore, “di andare – cito – dal Reale all’Immaginario mettendo al centro il Simbolico.”
Questo discorso verrà ripreso e approfondito da Lacan nella Lezione V. In questa Lezione egli farà riferimento ai concetti di ordinalità e di cardinalità di un numero. Ciò che interessa a Lacan è la cardinalità del numero 3, non la sua ordinalità.
Questo significa che gli interessa che si consideri un gruppo da tre – tre lettere (a b c) , tre numeri (1 2 3). È questo in modo molto intuitivo il significato di numero cardinale: esso indica il numero di oggetti di un gruppo, di un insieme.
Non gli interressa che il 3 venga dopo il 2, che a sua volta viene dopo l’1 (quindi in un ordine di posizione – leggi anche di importanza). Questo è invece il significato intuitivo di numero ordinale.
Dal gioco di tutte le possibili permutazioni di tre oggetti, Lacan arriva a descrivere le combinazioni che si ottengono nel nodo levogiro (per fare le quali associa l’Immaginario a c (oppure al numero 3) e poi nel nodo destrogiro. Ognuna di queste combinazioni corrisponde a un discorso diverso.
Da quanto abbiamo detto fin qui, e provando a giocare con le varie permutazioni dei numeri 1 2 3, possiamo capire che all’interno di un nodo ogni anello è assolutamente equivalente a un altro. La cosa importante è che questi tre anelli, che sono proprio tre, presi a due a due sono liberi, ma nella loro ternarietà – come dice Lacan – si annodano.
TRECCIA
Nella Lezione IV Lacan utilizzerà questo meccanismo delle permutazioni per presentare un nuovo modo per costruire il nodo: quello della treccia. Facendo una treccia con sei incroci, ma solo con sei, si riesce a costruire un nodo borromeo. Ogni filo passa due volte sopra a un filo di un altro colore (o analogamente passa due volte sotto il filo dell’altro colore). Inoltre i sei incroci dei tre fili che formano la treccia danno tutte le possibili permutazioni dei numeri 1 2 3.
Si può osservare inoltre che per passare dal nodo levogiro a quello destrogiro, considerando le trecce che li originano, è sufficiente cambiare la posizione di un solo filo, lasciando invece invariate le posizioni degli altri due.
LA SIMMETRIA DEL NODO
Un’altra proprietà del nodo borromeo che Lacan sottolinea per mostrare l’equivalenza dei tre anelli è che esso è identico al suo simmetrico: infatti quando rigiro (ribalto) un nodo borromeo esso rimane identico a se stesso (non è come se fosse visto allo specchio): se è levogiro rimane levogiro, se è destrogiro rimane destrogiro.
Questo succede perché quando rappresentiamo un nodo borromeo non a piatto, ma nello spazio, esso ha nei tre piani la simmetria completa.
EFFETTO DI NODALITÀ E CONSISTENZA
Tutte queste proprietà che abbiamo visto nel nodo borromeo sono quelle che permettono a Lacan di parlare di effetto di nodalità, che chiama anche ternarietà pura e semplice. La funzione del nodo non è quella di fondare un ordine in cui potrebbero essere incastrati il Simbolico, l’Immaginario e il Reale. Lacan, a me sembra, vuole sbarazzarsi di questo possibile ordine. Ciò che dobbiamo trovare non è la diversità della loro consistenza (cioè di Simbolico, di Immaginario e di Reale), è la consistenza stessa, cioè quel che non si può dire, questa consistenza stessa in quanto essa non li diversifica, ma li annoda soltanto.
IL NODO BORROMEO E IL DIRE DI LACAN
Qual è allora la particolarità di questo nodo?
Nella Lezione IV Lacan ci dice che ciò che il nodo rende evidente è che in esso il suo dire (il dire di Lacan) è implicato: Questo «dire» è dell’ordine dell’evento. Non è un evento su cui si possa sorvolare, non è un momento del conoscere. Per farla breve, non è filosofia. E’ qualcosa che sta al cuore, al cuore di ciò che ci determina, in quanto non è affatto ciò che si crede. Non è ogni sorta di condizioni, così, «locali», di questo, di quello, di ciò che ci fa sbadigliare, del Reale, non è questo che ci determina, noi, esseri parlanti. E ciò dipende precisamente da questo peduncolo di sapere – corto, certo, ma sempre perfettamente annodato – che si chiama inconscio, in quanto per ognuno di noi questo nodo ha dei supporti molto particolari. E’ così che, bene o male, come ho potuto … ho costruito questa topologia, con la quale oso dare un taglio diverso a ciò che Freud supportava con questi termini: la realtà psichica.
… Ecco forse un punto interessante sul quale poter continuare a lavorare …
* Il seminario di Jacques Lacan Les non-dupes errent. Séminaire 1973-1974, a cui si fa riferimento è quello della pubblicazione fuori commercio dell’ Association Lacanienne Internationale